Il neonato sanguinava e il sangue non si fermava
Quando aveva un mese, Mario inizia a grattarsi con le unghiette la parte esterna dell’orecchio, creando una piccola ferita non più grande di un millimetro. Nonostante ciò, l’orecchio continua a riempirsi di sangue. Pian piano a volte il sangue si interrompe, ma non smette mai del tutto. A questo punto porto Mario all’ospedale. I medici però dicono che non è nulla di grave, e che magari si è solo danneggiata una piccola vena. Mi chiedono se qualcuno in famiglia abbia problemi di sanguinamenti prolungati e rispondo di no.
Imbevono un batuffolo di cotone idrofilo con una soluzione emostatica e avvolgono una benda intorno alla testina di Mario da tenere durante la notte e rimuovere la mattina successiva. La ferita smette di sanguinare. Il problema è risolto e la giornata continua normalmente.
Sanguinamento continuo dovuto a un piccolo graffio
Qualche tempo dopo, Mario ha un piccolo graffietto sulla faccia. I primi due cerotti si riempiono di sangue. Solo il terzo cerotto rimane pulito e il sangue si ferma. Il tutto nell’arco di un’ora. Ripenso all’incidente avvenuto all’orecchio e segnalo la cosa all’ospedale. Mi dicono che è tutto a posto, ma che qualora si verificasse di nuovo, sarebbe il caso di fare esaminare il sangue.
Al secondo mese di Mario iniziano i primi vaccini, somministrati nel muscolo gluteo. Durante la notte Mario è molto irrequieto e piange. Fa fatica a riprendersi, per quanto non presenti febbre. Nonostante ciò, gli dò lo stesso un antidolorifico nella speranza che si tranquillizzi un po’. Finalmente riesce ad addormentarsi. Alla mattina seguente, però, continua a piangere spesso, è nervoso e faccio fatica a trovare una posizione in cui riesca a stare tranquillo. Poi, mentre gli sto cambiando il pannolino, noto il sederino gonfio e con delle macchie bluastre. Sento che quella zona è dura e gli provoca dolore.
Chiamo la pediatra e mi dice che può essere che nel punto dell’iniezione si sia danneggiata una piccola vena e che ciò abbia causato un ematoma. Visto che Mario non presenta febbre, mi consiglia di aspettare, ma io insisto per fare un salto da lei perché non riconosco più il mio bambino e sono preoccupata.
Preoccupazioni: la reazione al vaccino
Non facciamo in tempo ad arrivare che subito dopo la visita ci mandano all’ospedale. Lì ci dicono che potrebbe avere una strana reazione sconosciuta. I medici procedono con un esame del sangue e dopo poco ci comunicano che c’è qualcosa che non va. Ci portano in ambulanza al Centro Emofilia dell’ospedale pediatrico per effettuare accertamenti più concreti e predisporre un trattamento. Questa è stata anche la prima volta in cui abbiamo sentito parlare di “emofilia”.
Una volta arrivati il tutto avviene molto rapidamente. Vengono fatti altri prelievi del sangue e dopo varie visite veniamo ricevuti dalla specialista che ci spiega che a Mario manca il Fattore VIII della coagulazione, che lo porta ad avere sanguinamenti più intensi rispetto a una persona sana. È questa la causa dell’emorragia al muscolo provocata dalla ferita ai tessuti con la siringa. Mi viene spiegato in cosa consiste l’emofilia e le varie forme diverse di questa malattia. Mio figlio ha l’emofilia A e soffre quindi della forma più grave dovuta a un difetto genetico. Questo per lui significa essere vincolato a vita a farmaci con conseguenti rischi annessi e particolari precauzioni. La buona notizia è che oggigiorno l’emofilia è una patologia curabile e permette di condurre una vita normale.
Dopo la diagnosi di emofilia mi sono sentita persa con mio figlio
È stato tutto molto difficile per me. Mi sentivo persa. Mi era stato detto che a partire dal suo primo anno di vita avrei dovuto sottoporre Mario a iniezioni per la profilassi della malattia. Si prospettava una situazione difficile. Come avrei fatto a gestire il tutto stando vicino anche al mio primo figlio che aveva ancora molto bisogno di me? Mi era caduto il mondo addosso. Era stato uno shock.
Nei successivi tre giorni Mario era stato trattenuto in ospedale dove gli è stato somministrato il fattore mancante per via endovenosa. Dopo questo trattamento è tornato a stare meglio… Dovevo mettermi nell’ordine delle idee e pensare a come fare. Nella nostra famiglia Mario è l’unico a dover fare i conti con questa sfida.
Successivamente sono andata al primo incontro con altre persone colpite dalla malattia. Non sapevo molto al riguardo e non avevo esperienza; la diagnosi ci era stata comunicata solo due mesi prima. Non mi fidavo a lasciare Mario nemmeno alla baby sitter più esperta e lo tenevo sempre con me. Le famiglie ci hanno preso molto a cuore.
La mamma di un altro ragazzino con emofilia mi ha fatto coraggio
Liebe
All’incontro era presente anche un ragazzo di circa 18 anni. Anche lui aveva avuto la stessa diagnosi e nella stessa forma di Mario. Mi ha colpito ogni sua parola, espressione, sorriso. Un ragazzo meraviglioso. Sono rimasta positivamente colpita nel vedere in lui un adolescente normale, allegro, motivato e che provvede da solo a farsi regolarmente le iniezioni.
All’incontro era presente anche sua mamma. Durante l’incontro mi aveva vista e al termine è venuta da me per parlarmi e farmi coraggio. In quell’occasione mi sono state dette le parole più importanti e che non dimenticherò mai. Ad oggi mi aiutano ancora nei momenti più difficili e mi danno la forza per continuare.
Mi ha guardato e mi ha detto: “Mario è ancora molto piccolo (facendo segno con le mani), eppure i suoi problemi sembrano già così grandi (allargando le braccia). Ma presto Mario crescerà e diventerà grande e saranno i problemi a diventare sempre più piccoli (portando di nuovo le braccia alla grandezza di Mario e sfiorandolo)”. Mentre diceva questa parole sorrideva. Parlava con coraggio ed esperienza… GRAZIE Yvonne.
Da quel momento sapevo che la strada sarebbe stata sicuramente in salita, ma che insieme ce l’avremmo fatta. Per Mario avrei superato qualunque ostacolo e ci sarei sempre stata.