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Anche le donne sono colpite
I disturbi della coagulazione del sangue sono patologie che compromettono il processo di coagulazione, normalmente titolato ad arrestare le emorragie e a favorire la guarigione delle lesioni. Questi disturbi possono essere ereditari o acquisiti e possono portare a una maggiore tendenza al sanguinamento (come ad es. nel caso dell’emofilia) o a un aumento del rischio di trombosi (come ad es. nella sindrome da antifosfolipidi). Le persone colpite possono manifestare sintomi come epistassi frequenti, mestruazioni insolitamente abbondanti, sanguinamenti prolungati dopo ferite o interventi chirurgici e lividi inspiegabili. Nei casi più gravi possono verificarsi emorragie o trombosi potenzialmente letali che richiedono un trattamento medico immediato. A livello globale, molte persone soffrono di questi disturbi della coagulazione e le donne ne sono colpite molto più frequentemente di quanto si pensi.
Il disturbo della coagulazione più comune al mondo è la malattia di von Willebrand, causata da una carenza o da un’anomalia del fattore di von Willebrand. Le persone affette presentano spesso sintomi come epistassi, lividi frequenti e una tendenza generale a sanguinamenti prolungati in seguito a traumi e/o interventi chirurgici. A seconda della gravità della malattia, i sintomi di emorragia possono risultare anche potenzialmente letali. Le donne colpite possono soffrire anche di cicli mestruali particolarmente abbondanti. Altri disturbi della coagulazione che colpiscono entrambi i sessi in egual misura e che comportano una maggiore predisposizione al sanguinamento, come la trombocitopenia, il deficit di fattore XI o la coagulazione intravascolare disseminata (scatenata, tra le altre cause, da infezioni o complicazioni durante il parto) sono molto meno comuni rispetto alla malattia di von Willebrand.
Tuttavia, esiste una errata consapevolezza, particolarmente radicata, riguardo all’emofilia, spesso considerata una «malattia maschile». Come nella malattia di von Willebrand, una mutazione genetica compromette la coagulazione del sangue e le persone colpite presentano un aumento della predisposizione al sanguinamento. Ciò vale sia per l’emofilia A (deficit di fattore VIII) sia per l’emofilia B (deficit di fattore IX), che è circa quattro-cinque volte meno comune. In entrambi i casi il gene mutato (F8 o F9) si trova sul cromosoma X e poiché gli uomini possiedono un solo cromosoma X, se ereditano una mutazione nei geni F8 o F9 (responsabili dell’emofilia) svilupperanno sempre la malattia. Le donne hanno due cromosomi X. Se uno dei due presenta una mutazione nei geni F8 o F9, si parla di portatrice della malattia. Le donne portatrici tendono a manifestare sintomi meno gravi rispetto agli uomini, possono comunque soffrire di disturbi della coagulazione e di sintomi debilitanti, come mestruazioni estremamente abbondanti, una coagulazione rallentata dopo ferite o interventi medici e frequenti ematomi.
Le donne portatrici del gene dell’emofilia affrontano spesso sfide particolari, tra cui ritardi nella diagnosi dovuti alla sottovalutazione dei loro sintomi e difficoltà nell’ottenere un trattamento adeguato. Questa scarsa considerazione dell’emofilia femminile può avere gravi conseguenze nella vita quotidiana, con ripercussioni fisiche, lavorative ed emotive. Inoltre, le donne colpite possono riscontrare problemi di fertilità e complicazioni durante la gravidanza, con un rischio maggiore di emorragie sia nel periodo gestazionale sia durante il parto e il post-parto. La preoccupazione collegata alla trasmissione dell’emofilia ai propri figli può inoltre causare un notevole disagio psicologico e un impatto significativo sulla qualità della vita.
Per questo, è essenziale abbattere i pregiudizi e aumentare la consapevolezza sul fatto che anche le donne possono essere colpite dall’emofilia. Assieme facciamo la differenza: «Anche le donne sono colpite».
Per maggiori informazioni, visitate il sito della Società Svizzera Emofilia.
Che cosa significa essere portatrice dell’emofilia?

La predisposizione al sanguinamento è solo una malattia maschile? Assolutamente no! Sebbene a causa della componente genetica molti più uomini sviluppino l’emofilia, anche le donne possono esserne affette in casi rari o manifestare alcuni sintomi in qualità di portatrici. Scopritene di più in questo approfondimento.
Il gene responsabile del fattore VIII per l’emofilia A, si trova sul cromosoma X e viene trasmesso dai genitori ai figli. Se questo gene è difettoso, la mutazione viene trasmessa ai figli. Le probabilità che la figlia di una portatrice diventi essa stessa portatrice o che il figlio sviluppi l’emofilia sono quindi entrambe del 50 percento.
Sebbene le donne possano sviluppare l’emofilia, ciò è estremamente raro.1 Molto più frequentemente, le donne sono portatrici della malattia, il che significa che possiedono un gene difettoso e un gene sano per il fattore VIII. Spesso un gene funzionante per il fattore VIII è sufficiente per garantire una coagulazione adeguata. Tuttavia, circa un terzo di tutte le portatrici presenta livelli ridotti di fattore VIII (< 0,4 UI/ml di attività del fattore VIII)2, il che può provocare una coagulazione rallentata.

Per questo motivo è consigliabile che anche le portatrici dispongano di un documento d’emergenza che dovrebbe includere le seguenti informazioni importanti:
- Tipo di disturbo della coagulazione
- Eventuali terapie farmacologiche in corso
- Medicamenti controindicati
- Contatti del centro specializzato in emofilia di riferimento
Manifestazione dell’emofilia nelle portatrici
In generale, le portatrici di emofilia producono una quantità sufficiente di fattore VIII, tale da impedire eventi emorragici gravi. Tuttavia, possono comunque manifestarsi sintomi legati a un’attività ridotta del fattore VIII, spesso simili a una forma lieve di emofilia:
- Frequente comparsa di lividi (anche in seguito a lievi urti)
- Sangue dal naso frequente e/o intenso
- Maggiore predisposizione al sanguinamento dopo piccole ferite
- Mestruazioni abbondanti e/o prolungate
- Sanguinamenti post-operatori o dopo estrazioni dentarie
- Emorragie più intense durante o dopo il parto
L’intensità dei sintomi dipende dal livello residuo di attività del fattore VIII.

Nuova terminologia del 2021 per le portatrici.
Diagnosi delle portatrici di emofilia
Se in una famiglia è presente un caso di emofilia, è fondamentale valutare se le figlie possono essere portatrici ed eseguire gli opportuni esami della coagulazione. L’ideale sarebbe effettuare la diagnosi dello stato di portatrice genetica e misurare l’attività del fattore VIII prima della prima mestruazione, così da informare le giovani adolescenti e prevenire possibili conseguenze psicologiche legate a cicli mestruali particolarmente abbondanti. Il primo ciclo mestruale può infatti essere un’esperienza traumatica se caratterizzato da sanguinamenti eccessivi.
La diagnosi può essere effettuata, tra l’altro, mediante esami genetici e la determinazione dell’attività del fattore VIII. I livelli di attività del fattore VIII possono variare da una portatrice all’altra e anche nel tempo. I valori fluttuanti sono dovuti, tra l’altro, al fatto che il fattore VIII è una proteina di fase acuta. Ciò significa che la sua concentrazione può temporaneamente aumentare in risposta a eventi come infezioni o traumi.5 Per questo motivo, è consigliato che le portatrici dell’emofilia controllino regolarmente i propri livelli di attività del fattore VIII, specialmente in previsione di interventi chirurgici o procedure mediche, per adottare misure adeguate e ridurre il rischio di complicazioni.

Opzioni terapeutiche per le portatrici
A seconda del livello di attività del fattore VIII, anche le portatrici possono necessitare di una terapia per l’emofilia. In genere, il trattamento viene effettuato in base alla necessità, in caso di episodi emorragici acuti.
Qui sono disponibili ulteriori informazioni.
Azione dell’emofilia su gravidanza e parto
Essere una portatrice dell’emofilia non rappresenta di per sé un ostacolo a una gravidanza normale o a un parto naturale. La decisione tra parto vaginale o taglio cesareo è determinata individualmente.1 Tuttavia, si raccomanda un attento monitoraggio della gravidanza e una pianificazione del parto in collaborazione con un centro specializzato in emofilia e con il team medico di riferimento.
Spesso nelle portatrici di emofilia A durante la gravidanza si verifica persino un aumento dell’attività di fattore VIII, fino a raggiungere valori normali al momento del parto. Nonostante ciò, è importante controllare regolarmente i valori del fattore VIII. Se i valori della coagulazione sono noti, è possibile adottare le misure appropriate, come ad esempio una terapia sostitutiva con fattore o DDAVP, se necessario.
L’eventualità che il bambino erediti l’emofilia o sia a sua volta portatore può essere valutata prima o dopo la nascita. Tra gli strumenti di diagnosi prenatale, vi sono:
- Con la biopsia dei villi coriali (villocentesi) viene prelevato un piccolo campione di tessuto dalla zona in cui la placenta si connette al cordone ombelicale. Questo tessuto è geneticamente identico a quello dell’embrione e può quindi essere esaminato per rilevare eventuali cambiamenti genetici. La biopsia dei villi coriali può essere eseguita prima (tra la 12. e la 14. settimana di gravidanza) rispetto all’amniocentesi.
- Con l’amniocentesi viene prelevato liquido amniotico contenente cellule del feto. Le cellule possono essere successivamente analizzate geneticamente. L’amniocentesi può essere effettuata tra la 15. e la 16. settimana di gravidanza.
- Con la puntura del cordone ombelicale (cordocentesi) viene prelevato sangue del feto dal cordone ombelicale, che viene poi analizzato. Questo esame è possibile a partire dalla 20. settimana di gravidanza.
È particolarmente consigliato nei feti maschili per verificare se, al momento del parto, sia necessario prestare particolare attenzione alle emorragie nel bambino.
Lista di controllo per interventi chirurgici o parto
Qui puoi trovare una lista di controllo utile per prepararti a un intervento chirurgico o al parto:
- II tuo documento d’emergenza è aggiornato e completo?
- Hai i risultati recenti degli esami della coagulazione?
- Hai ricevuto un piano terapeutico personalizzato dal tuo medico per questo intervento?
- Ci sono controindicazioni per medicamenti anticoagulanti?
- L’ospedale dispone di una scorta di fattore VIII per le emergenze?
- L’ospedale è attrezzato per eseguire test della coagulazione?
- Come prosegue la terapia anticoagulante dopo la dimissione dall’ospedale?
Info
Per le donne portatrici di emofilia è consigliabile rimanere sempre in contatto con il centro di emofilia curante durante la gravidanza, in caso di parto imminente e in caso di interventi chirurgici programmati, pianificando attentamente ogni passo insieme al medico curante.
Nel video sottostante Martina, portatrice dell’emofilia A, racconta della sua gravidanza con suo figlio e delle paure e sfide che ha affrontato in quel periodo.
Simone e Tanja sono entrambe madri di due figli con emofilia A e si sono incontrate per condividere le loro esperienze. In questo video scoprirai come hanno appreso della malattia dei loro bambini, quali sfide comporta la gestione dell’emofilia A, quali consigli darebbero ad altri genitori e molto altro.
Miti e realtà sull’emofilia
1. Mito
se una donna è portatrice del gene dell’emofilia, tutti i suoi figli ne saranno affetti.
Fatto: è importante sapere che una donna con emofilia non trasmetterà necessariamente la malattia a tutti i suoi figli con certezza assoluta, ma che la trasmissione del gene dell’emofilia avviene con una probabilità del 50% in ogni singola gravidanza. Una donna portatrice ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene dell’emofilia ai suoi figli maschi, che saranno quindi affetti dalla malattia. Allo stesso modo ha una probabilità del 50% di trasmettere il gene alle sue figlie, che diventeranno a loro volta portatrici.
Tuttavia se una donna è affetta da emofilia, avrà una probabilità del 100% di trasmettere la malattia ai suoi figli maschi.
Wenn jedoch eine Frau an Hämophilie leidet, hat sie eine 100-prozentige Chance, die Krankheit an ihren Sohn weiterzugeben.
2. Mito
l’emofilia non può essere diagnosticata prima della nascita.
Fatto: l’emofilia può essere diagnosticata già durante la gravidanza attraverso test prenatali come la biopsia dei villi coriali (CVS) e l’amniocentesi. Questi test possono rilevare se il feto ha ereditato il gene dell’emofilia. Tuttavia, comportano alcuni rischi e devono essere discussi attentamente con il medico.
3. Mito
le donne portatrici di emofilia non presentano sintomi.
Fatto: le donne portatrici di emofilia possono manifestare sintomi emorragici, come mestruazioni abbondanti, sanguinamenti prolungati dopo interventi chirurgici o traumi e frequenti lividi. In casi rari possono sviluppare anche una forma leggera di emofilia.
4. Mito
le emorragie da emofilia non influenzano realmente la qualità della vita di una donna.
Fatto: le emorragie eccessive possono avere un impatto significativo sulla vita quotidiana di una donna. Le donne con emofilia o portatrici possono soffrire di mestruazioni molto abbondanti e prolungate che possono causare anemia, stanchezza e dolore. Questi sintomi possono influenzare la loro vita lavorativa, sociale e personale.
5. Mito
le donne con emofilia non corrono rischi durante interventi medici o dentistici.
Fatto: le donne con emofilia possono essere a rischio di complicazioni durante interventi medici o dentistici a causa di sanguinamenti prolungati. È importante che informino il personale sanitario del loro stato di portatrici, affinché possano ricevere un trattamento adeguato e vengano adottate misure di precauzione aggiuntive durante tali procedure.
6. Mito
le donne con emofilia non necessitano di un’assistenza medica regolare.
Fatto: le donne con emofilia spesso hanno bisogno di un monitoraggio medico regolare per tenere sotto controllo i sintomi di emorragia e prevenire complicazioni. Un’assistenza medica regolare da parte di specialisti, come ematologi e ginecologi, è fondamentale per trattare i sintomi, prevenire sanguinamenti gravi e migliorare la qualità della vita.
Quellen:
- Oldenburg J. und Goldmann G. Die Konduktorin am Beispiel der Hämophilie. Forum Sanitas. 2024; 1:15–17
- van Galen KPM et al. A new hemophilia carrier nomenclature to define hemophilia in women and girls: Communication from the SSC of the ISTH. J Thromb Haemost 2021; 19:1883–1887
- Srivastava A et al. WFH Guidelines for the Management of Hemophilia, 3rd edition. Haemophilia 2020; 26(Suppl 6):1–158
- https://www.dhg.de/fileadmin/dokumente/sonderdrucke/Haemophilie.pdf, zuletzt abgerufen am 15.05.2024
- https://flexikon.doccheck.com/de/Akute-Phase-Protein, zuletzt abgerufen am 15.05.2024
- https://flexikon.doccheck.com/de/Chorionzottenbiopsie, zuletzt abgerufen am 06.06.2024
- https://flexikon.doccheck.com/de/Amniozentese, zuletzt abgerufen am 06.06.2024
- https://flexikon.doccheck.com/de/Nabelschnurpunktion, zuletzt abgerufen am 06.06.2024